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Il podere Casina, poi Maglioli nel Comune di Rigomagno

di Doriano Mazzini

Il podere Casina, dalla fine del Settecento chiamato anche Maglioli è poco discosto da Rigomagno, verso Ovest. La sua posizione è alquanto felice perché si trova vicino al percorso dell’antica strada romana Cassia-Adrianea

Storia

Storia

Le Origini

Al momento non possiamo attestare l’esistenza del fabbricato a quell’epoca, anche se è noto che durante il periodo in cui regnò la pax romana, soprattutto in Italia, si trovavano molti insediamenti sparsi nelle campagne. Sappiamo che questa importante arteria passava nelle vicinanze del podere in esame. Nella Tavola Peutingeriana, (mettere riquadro immagine foto slide ppt 6-7 con ingrandimento) antica mappa del III secolo d. C. dove sono disegnate le strade dell’Impero Romano, troviamo nel tragitto che da Chiusi portava a Siena, la pieve di Santo Stefano in Vico XII. Oggi questa piccola chiesa è inglobata nel podere denominato Le Pievi, di fronte al castello di San Gimignanello, in Comune di Rapolano Terme, a pochi chilometri dal podere Casina-Maglioli.

Tabula Peutingeriana – III sec. d.C

La Cassia-Adrianea

Le località situate vicino ad una strada importante come la Cassia-Adrianea godevano dei benefici portati da coloro che le attraversavano, come mercanti e agrimensori. Purtroppo erano percorse anche da categorie meno gradite come: eserciti, truffatori e ladri. Attraverso le importanti arterie viaggiavano anche idee e nuove religioni. Il cristianesimo è giunto dalle nostre parti proprio attraverso la Cassia. A Campo Muri, vicino alle terme San Giovanni di Rapolano, negli scavi archeologici sono stati trovati simboli cristiani del IV secolo d. C., il secolo in cui l’imperatore Costantino il Grande rese la religione cristiana pari alle altre.

Nelle tavolette preparatorie dell’Estimo del Contado dello Stato di Siena e nel volume dell’Estimo di Rigomagno, compilati «nell’anno del Signore 1318», benché per in ogni singola proprietà, che fosse casa, podere o appezzamento di terra, vi sia riportato il relativo toponimo, purtroppo “Casina” è assente. Nella Lira del 1525 sono indicati solo i proprietari ma non sono stati scritti i toponimi. Purtroppo, al momento, nei documenti più antichi, sia medievali che rinascimentali non abbiamo trovato il podere oggetto della nostra ricerca.

Cassia Adrianea

Valdichiana, corte di Rigomagno

Dai primi del Settecento Felice Griffoli di Lucignano in Valdichiana iniziò ad acquistare poderi e appezzamenti di terreno nella corte di Rigomagno. Nel 1724 queste proprietà vengono attribuite oltre che a Felice anche al figlio Francesco. Nel 1753 sono ormai trasferite ai nipoti e figli Giacomo e Pietro Griffoli. Da questi due fratelli il 16 novembre 1770 Francesco Petreni acquistò alcuni appezzamenti di terra dove finalmente troviamo il podere denominato Casina. Questo podere dal 1776 tornerà tra le proprietà di casa Griffoli in quanto il cavalier Felice lo riacquisterà dallo stesso Petreni come si vede nel Catasto di Rigomagno del 1778, dove lo troviamo proprietario dei seguenti poderi: Poggiarello, Vitarero, Gagnoni I e II, Vigna I e II, Casina, Orso, Gambaroni I e II, Maglioli e Casina. Felice Griffoli, dopo aver acquistato un discreto numero di poderi e appezzamenti di terreno, nel 1784 commissionò a Luigi Maria Tortori «agrimensore fiorentino» un cabreo ossia «Campione dei poderi case etc. componenti la fattoria di Rigomagno». Oltre alla villa e case vi sono disegnati ben dodici poderi tra i quali troviamo anche quello denominato «Maglioli, o sia la Cascina».

Da questo momento si parla anche di «Cascina»; potrebbe apparire un refuso per Casina ma nel «Catasto dell’Estimo di Rigomagno compilato l’anno 1797» troviamo vicino al suddetto podere un «prato in piano con olmi e noci vocabolo Maglioli e Cascine di misura quadrati quattro 9.2.3.4. stimato scudi cento quarantasette e lire quattro». La Cascina è definita da vocabolario Treccani come luogo dove «si fanno il cacio e il burro».

Questa modifica nel nome forse derivò dal fatto che proprio in questi anni potrebbe essere stata costruita la “burraia” che si trova poco lontano dal podere come viene definito oggi Maglioli o Casina. Questa struttura ipogea molto probabilmente è stata costruita negli anni Ottanta o Novanta del Settecento, ed è dimostrato dal fatto che sono state seguite alla lettera le istruzioni del «Trattato architettonico di Ferdinando Morozzi, nobile colligiano» dal titolo «Delle case de’ contadini», impresso in Firenze nella stamperia di Sua Altezza Reale per Gaetano Cambiagi, l’anno 1770. Lo stesso Morozzi dedica un capitolo del suo volume, il XVII, denominato «Della Caciaia, e stanza da fare il burro».

Riporto fedelmente la descrizione del Morozzi e di seguito andrò a constatare le attinenze che ci sono con la burraia del podere Casina-Maglioli.

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«Ognuno sa che il fresco è quello, che separa il grasso del latte, dal rimanente detto volgarmente Panna, o Fior di latte, o Capo latte, e col fresco, e meglio coll’acqua assai fredda si assoda, e converte in burro, per lo che è chiaro, che vi vuole una stanza, non solo posta a Settentrione in quella parte però che guarda Maestro, che noi il chiamiamo quà il Marino, questo perfettamente s’ottiene ne’ luoghi di montagna, o annessa alla casa, o ver disgiunta, col farla accosto a qualche fresco ruscello, o sotto a qualche pendice di monte in luogo opaco, e coperto dagli alberi se si puole ottenere: a questa stanza ve ne bisogna un’altra meno interna, dove sia il cammino per fare le ricotte ecc. e tutta questa fabbrichetta si può ottenere, e nella medesima casa del contadino, ovvero si può far separata, ma non lontana dalla Cascina, o sia quella stalla destinata per le vacche, o mucche, da cui si tragge latte per i burri, con cautelarsi però, che vi sia, o il pozzo, o la cisterna, o la fonte d’acqua fresca, e comoda. La stanza poi per riporre i caci, che si cavano dal rimanente del latte sburrato, ovvero quelli, che si fanno dalle pecore, e dalle capre, basta solamente, che sia esposta a Tramontana, e sia a terreno, ove si schivano maggiormente i caldi, che possono far riscaldare i caci. […] Aggiugnerò finalmente, che se la stanza per il latte da fare il burro, riescendo nell’estate un poco calda, motivo per cui la panna non venga ben separata, in tal caso, si può usare una sotterranea cantina, con fare in giro ad essa un trogoletto, nel quale per via di canali vi si mandi l’acqua, o di cisterna, o di pozzo, o di fonte secondo il comodo, e detto trogoletto si fa alto da terra braccia 1. ⅓ e sopra a fior d’acqua si attraversa con dei regoletti di ferro, su gli quali stanno posati i vasi del latte, che per la metà restano immersi nell’acqua, e così si accrescono i gradi di freschezza per meglio spannare il latte».

Innanzi tutto il Morozzi si preoccupa di indicare come doveva essere costruita e dove situare la burraia. Certamente in luogo fresco: una stanza posta a Nord o meglio ancora una cantina nella casa del contadino oppure separata, vicino a qualche fresco ruscello, alle pendici di un monte e in luogo coperto da alberi. La burraia del podere Casina-Maglioli è stata scavata sotto terra (ipogea), poco discosto dal podere, alle pendici di una collina che la sovrasta, in luogo pianeggiante coperto da alberi con la vicinanza di un ruscello. Altro elemento importante che viene evidenziato dal Morozzi per costruire la burraia è l’abbondanza di acqua corrente, perché è con l’acqua fredda che assoda e si forma il burro. L’acqua doveva scorrere all’interno della burraia per raffreddare il latte, soprattutto in estate. La nostra è attraversata da un rigagnolo d’acqua.

Come abbiamo visto la burraia del podere Maglioli o Casina rispecchia fedelmente le indicazioni di Ferdinando Morozzi e quindi hanno avvalorato la nostra tesi della sua data di costruzione alla fine del Settecento. Per sottolineare l’importanza di questi edifici così particolari e molto interessanti, in Toscana è stato realizzato il «Sentiero delle Burraie», sul crinale del Monte Giovi (tra la piana di Firenze e il Mugello): un anello escursionistico che tocca le vecchie burraie della zona. L’anello è stato aperto nell’ottobre 2008 ed i suoi sentieri sono designati con la sigla “SB”.

L’ultimo elemento rilevante che troviamo nella descrizione del catasto del 1797 e la vicinanza di un’arteria importante che addirittura confina con il podere. Questa è la descrizione: «Un tenimento di terre con due case coloniche vocabolo Caprioli e Maglioli, che ha per confine a Tramontana il borro del Castagneto; a Levante il borro di Sesoli e la strada di Siena; a Mezzogiorno detta strada e la gora del Mulino delle Foci, a Ponente Domenico Luchi col n. 158, 159, e 154, e Pietro Luchi col n. 156 e comprende inoltre un pezzo di terra de padri Agostiniani di Siena col n. 281 ed altro della Pieve di Rigomagno n. 291».

IL Catasto Leopoldino

Il podere Maglioli confinava con la strada che portava a Siena. Questo lo possiamo constatare nella mappa del Catasto Leopoldino del Comune di Rigomagno, disegnata nell’anno 1819. La strada la troviamo denominata «Strada delle Vallesi a Siena», ma anche «strada da Siena in Valdichiana». Quest’ultima denominazione deriva dal fatto che la strada delle Vallesi dopo essere passata sotto il podere Le Pievi saliva verso San Gimignanello e si immetteva nella strada Lauretana o di Valdichiana. Questa strada nel 1774, dopo la «catastrofe agraria» del 1766, il granduca di Toscana Pietro Leopoldo Asburgo Lorena, per la sua importanza per far giungere le derrate alimentari dalla fertile Valdichiana alla città di Siena fu elevata a Strada Regia, la cui manutenzione era a carico dello Stato e non delle Comunità attraversate. Questa strada si chiama anche Lauretana perché era percorsa anche dai pellegrini che, dopo aver superato Ponte a Valiano incrociavano la strada Regia Aretina che proseguiva per Perugia, Macerata e Camerino, giungendo finalmente alla Santa Casa di Loreto.

Mappa Catastale Leopoldina 1820

Origini Di "Maglioli"

Concludendo questo nostro viaggio nel tempo, per meglio conoscere questo luogo ameno, immerso nella lussureggiante campagna senese, chiamato podere Maglioli, non possiamo fare a meno di interrogarsi sul toponimo «maglioli» e da cosa derivi questa parola. Nei dizionari di oggi non si trova questo termine, dobbiamo consultarne qualcuno che ormai è andato in disuso. Nel Grande Dizionario della Lingua Italiana Utet, Vol. IX, p. 457 troviamo: Magliòlo (magliuòlo, maiòlo), sm. Talea di vite, formata di un tralcio di un anno a cui viene lasciato unito un pezzo di legno di due anni. Un vocabolo legato alla vite e al vino. Nel catasto già citato del 1797 vicino al podere Maglioli troviamo diversi appezzamenti di terreno con vigne quindi il toponimo potrebbe derivare proprio da questa coltura.

Il vocabolo Maglioli è stato citato anche da personaggi molto illustri, nei loro vari scritti. Inizio con la trecentesca prosa di L. de’ Bardi:

Un de’ suoi discepoli tenendosi in mano un sermento secco di quelli che si potano dalle viti, [...] sì lo ficcò in terra a modo come si sogliono ponere gli magliuoli, [...] e da indi a poco miracolosamente, in testimonio della santità del predetto monaco, crebbe tanto e diventò [...] gran vite.

Alessandro Manzoni (lettera a Tommaso Grossi da Milano il 9 novembre 1830), così scrive:

«Di modo che io rimango in secco, come tu vedi; eppur la mia vignola ha a esser dilatata, e il terreno è già bell’e disposto e misurato, e la stagion de’ fiori non ha a venir prima che in quel terreno sien piantati de’ buoni maglioli di scelta qualità; e questo è diciotto di vino».

Gabriele D’Annunzio, LA NOTTE DI CAPRERA. (1904)

Ed or sen va il Ligure pel suo
Tirreno. Guarda vigile, dalla prua
che non ha rostro, se non vegga la rupe
brulla apparir tra i nugoli; o seduto
resta sul sacco delle semente a lungo,
tutto pensoso della seminatura
nei magri solchi e delle sue lattughe
anco e de’ suoi magliuoli e de’ suoi frutti.